Le escursioni invernali · capitolo 2
Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.
Le escursioni invernali – capitolo 2
E stavolta è proprio inverno, visto che è 21 dicembre.
Tale data coincide con il solstizio detto (appunto) invernale, una ricorrenza celebrata fin dal neolitico da diverse culture (il nostro Natale è figlio dei riti solari dei romani, dei quali ha preso il posto). In Sardegna, da qualche anno, si è ricominciato a frequentare i nuraghi nei quali il solstizio si manifesta con l’apparizione di giochi di luce che danno forma alla testa di un toro, animale che nell’antichità, in coppia con la divinità femminile (l’acqua e la luna sono le più note) rappresentava per i nuragici la coppia divina della loro religiosità. Nel 2013 avevo assistito all’evento all’interno del nuraghe Zuras, da cui era partita una piacevole e interessante escursione; quest’anno, con Sandro e Nicola abbiamo deciso di vivere l’esperienza al nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu, scelto come punto di partenza dell’escursione del solstizio.
Dopo aver assistito all’evento (visibile a sprazzi per via delle nuvole che, ogni tanto, coprivano il sole) partiamo in direzione del nuraghe Benas, situato a nord-ovest rispetto alla nostra posizione e raggiungibile percorrendo strade solo in parte asfaltate. L’esterno della torre è in buono stato, ma l’accesso è purtroppo precluso dalla vegetazione e dai crolli delle pietre; con qualche accorgimento riusciamo a fotografare l’interno, dove notiamo una curiosa pietra eretta (un menhir? Chissà) mentre non riusciamo a scorgere le scale per la terrazza che le nostre fonti localizzano sul lato destro.
Nuovamente in sella verso ovest, raggiungiamo un passaggio a livello chiuso e attendiamo il transito del treno…
…prima di dirigerci verso il vicino sito di Pidighi, pressoché abbandonato. Con un pizzico di rabbia e tanta malinconia giriamo tra le pietre che resistono allo scorrere del tempo e all’incuria. Nascosta tra l’erba riconosciamo la fonte sacra, poco più in là diverse capanne e, nascosto dalla macchia mediterranea, il nuraghe. Un sito del genere meriterebbe ben altre attenzioni e maggiore visibilità.
Seguendo un sentiero appena riconoscibile tra la vegetazione abbandoniamo Pidighi proseguendo nel nostro itinerario verso Bauladu; troviamo l’asfalto che conduce alla fonte di Zinnuri dove effettuiamo una sosta.
Un panino, una sorsata d’acqua e diverse fotografie dopo ripartiamo verso l’ultima tappa della nostra uscita: il nuraghe Santa Barbara (evidentemente un nome comune per i nuraghi), praticamente alla periferia del paese. Qui è possibile accedere alla camera e raggiungere la terrazza; dall’alto sono facilmente leggibili i resti del villaggio che sorgeva attorno alla torre, compresi quelli della (probabile) capanna delle riunioni; secondo alcuni da questo insediamento avrebbe avuto origine l’odierno abitato; poco distante notiamo una muraglia megalitica e un’unica domus de janas visibile che visitiamo e fotografiamo.
Percorriamo a ritroso le strade dell’andata fino al punto di partenza; abbiamo però ancora quasi due ore di luce e decidiamo di spenderle per visitare la chiesa campestre di San Gemiliano. Oltre alla chiesa, risalente al XVI secolo, il sito conserva i ruderi delle “cumbessias” e di un imponente nuraghe che presenta un interessante allineamento con il Santa Barbara di Villanova e il Benas, oltre a ospitare un olivastro secolare, un autentico patriarca verde.
La nostra escursione volge al termine, ci prendiamo il tempo di una birra e quattro chiacchere in allegria prima di salutarci. L’inverno è ancora lungo e la nostra isola è come una bella donna piena di fascino che mostra le sue bellezze un po’ per volta.
Villanova Truschedu, 21.12.2014
Le foto sono di Sandro Pinna e Nicola Tornello
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