Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.
Il fiume Tirso caratterizza, con il suo andamento lento e sinuoso, il campidano di Oristano; di lui sono note origini e dati geografici, vicende storiche e attuali di cui restano tracce nei libri e nelle cronache.
In questa domenica d’autunno il fiume Tirso è un racconto che comincia dalla chiesetta medievale di Santa Maria Maddalena, presso l’abitato di Silì, che possiamo vedere solo dall’esterno.
Attraversiamo il fiume e pedaliamo piacevolmente sull’argine destro, punto d’osservazione privilegiato per osservare dall’alto la golena, i campi coltivati e la borgata di Pardu Nou; in lontananza vediamo i campanili delle chiese di Solarussa e di Simaxis, oltre il corso del fiume. Giungiamo così alla periferia di Zerfaliu, nei pressi della chiesa di San Giovanni, le cui origini risalgono al medioevo (XIII secolo).
Il nostro “racconto” ci porta nei pressi della diga di Santa Vittoria, al confine tra i territori di Ollastra, Zerfaliu e Villanova Truschedu, inaugurata negli anni ‘30 per consentire, tramite un sistema di canalizzazione, l’irrigazione delle pianure a sud del capoluogo.
Sull’antica strada di collegamento tra gli abitati di Zerfaliu e Villanova Truschedu ci sono le parole del “racconto” da leggere per arrivare al complesso nuragico di Santa Barbara e successivamente al santuario di San Gemiliano, siti già visitati in occasione del solstizio d’inverno 2014, come descritto qui.
Prima di scrivere la parola “fine”, il tempo a nostra disposizione ce lo permette, ci concediamo una breve digressione su asfalto per fotografare i ruderi della chiesa di San Nicolò di Mira e, a pochi metri, la chiesa, restaurata, di San Teodoro, nel sito dove sorse originariamente il paese di San Vero Congius poi abbandonato a causa di una devastante alluvione del Tirso e ricostruito là dove sorge attualmente.
Con Gina, Giulia, Sandro, Francesco e Marco.
Le foto sono di Giulia Dimase, Sandro Pinna, Marco Soru, Francesco Corona.
Oristano, 25 ottobre 2015