Archivi categoria: Mountain Bike

All’ombra del Castello (di Osilo) · 2013

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

Cominciamo dalle certezze: quella è sicuramente Osilo, non ci si può sbagliare. Troppo caratteristico il profilo del Monte Tuffudesu (grazie Wikipedia) sul quale fu eretto il castello dei Malaspina e attorno al quale sono state costruite le case del paese.

Camminare per il centro storico di Osilo, in provincia di Sassari, è un viaggio indietro nel tempo: i vicoli tortuosi, lastricati con i ciottoli, si arrampicano lungo i fianchi del colle fino a lambire la costruzione medievale, le case in pietra e le chiese, mute testimoni delle vicende umane, le luci lontane dei paesi che circondano questo centro dell’Anglona. Camminare per il centro storico di Osilo in un sabato notte buio e ventoso come questo evoca storie di dame e cavalieri, di intrighi e di fantasmi che raccontano storie loro dei amori tormentati.

Questa domenica mattina però Osilo è soprattutto una realtà ciclabile, luogo di origine di bikers appassionati che hanno costituito l’associazione sportiva “Che Alcia ‘e Balla” e, da oggi, sede di un evento che, si spera, possa diventare un appuntamento fisso nel calendario sempre più fitto di iniziative che interessano il mondo della mountain bike isolana. Più di un centinaio di escursionisti da tutta la Sardegna hanno risposto all’invito degli amici osilesi, tanti amici con i quali si sono scambiati risate, chiacchiere e chilometri da salutare e con cui condividere il piacere di scoprire angoli di Sardegna a noi poco noti.

Certo gli imprevisti non mancano, quelli soliti e quelli insoliti, come quando nel single track si deve dare precedenza a un gregge;  il tempo è incerto e minaccia pioggia, la salita sembra non finire mai e ti sembra di non averne più… dai che ormai siamo arrivati.

All’ombra del castello c’é caldo e la compagnia è quella buona, di sempre; anche chi non aveva mai partecipato prima si trova a suo agio perché parliamo un linguaggio comune: nuove conoscenze, inviti reciproci e idee da sviluppare nascono a tavola, tra un piatto di malloreddus e la pecora bollita, si trova persino il modo di festeggiare un compleanno con una torta “improvvisata”.

 

È sera, l’auto percorre i chilometri verso casa.

Stanco? Un po’.

Soddisfatto? Sì, ma…

Ma? Niente, mi piacerebbe tornarci.

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Le foto sono di Paolo Mura, Franco Tucconi, Michele Piga e Filippo Scanu.

Gallura intorno a me · 2012

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

La citazione, tratta da una vecchia canzone dei Salis, è doverosa per introdurre il racconto di una splendida giornata trascorsa a pedalare in questo angolo di Sardegna inconfondibile, perché non ci si può sbagliare: quei graniti scolpiti dal vento e dal mare, quei colori, il profilo delle isole (Tavolara, Figarolo) sono come un marchio “Doc”.

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In questa prima domenica di novembre Porto Rotondo sembra sospesa tra un‘estate che dovrebbe essere finita e quella che verrà, tranquilla e ordinata, pulita e discreta per accoglierci, graditi ospiti, senza il velo dei luoghi comuni che l’avvolgono, mostrandoci i suoi gioielli di verde e di azzurro. Allora è facile capire perché tanta gente se ne è innamorata e perché i chilometri percorsi per esserci sono diventati improvvisamente meno lunghi.

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Partire da Oristano ha i suoi vantaggi: tra nord e sud non c’è mai troppa differenza, così è la geografia che spesso crea la varietà degli amici che (ri)incontri e poco importa se la volta precedente era quindici giorni o un anno prima, una stretta di mano e un sorriso (e diciamocelo, anche MTB Forum) annullano ogni distanza.

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Dovrei parlare di Cugnana, di Cala Sabina, di Cala Moresca, dei “soliti” lunghi e divertenti single track tra mare e macchia mediterranea, di Capo Figari da dove si godeva di un panorama mozzafiato o del “canyon” che abbiamo percorso per tornare a Golfo Aranci, tutto splendido, ma tutto questo avrebbe avuto un sapore meno dolce senza tutti coloro che condividevano con me quei paesaggi fantastici mentre li percorrevo.

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Tutto questo che non sarebbe stato possibile senza l’impegno e l’entusiasmo di quei ragazzi che ormai per tutti noi che abbiamo vissuto questa giornata, sono diventati “quelli con il gilet rosso”: grazie per avermi offerto l’opportunità di poter riempire la mia anima con i ricordi di questa splendida giornata.
Attrus annus mellus!

Le foto sono di Franco Tucconi e Paolo Figus

Is Arutas · Penisola del Sinis 2012

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

Ingredienti:

30.000 ettari di terra;

milioni di litri di acqua di mare;

azzurro di cielo sereno;

Preparazione:

spruzzare i 30.000 ettari di terra con essenze di macchia mediterranea e palme nane, farcite qua e la con abbondanti campi di grano; cospargete vigneti e oliveti q.b. e miscelate il tutto con il vento di maestrale; nel frattempo colorate i milioni di litri di acqua di mare versandovi lentamente l’azzurro del cielo sereno e amalgamate con cura.

Servite a temperatura ambiente con contorno di storia, passeggiate naturalistiche ed archeologiche, enogastronomia e folklore: ecco a voi la Penisola del Sinis, una terra ricca e generosa che ha attirato l’uomo fin dalla preistoria, prima per la ricchezza delle sue risorse, ora per i suoi paesaggi che sanno emozionare e conquistare chi la visita.

È qui, precisamente a Is Arutas, che domenica 21 ottobre ci siamo ritrovati in tantissimi (100, 120, forse più; nutrita la rappresentanza femminile) per un’escursione facile e per questo tutta da vivere in relax, disegnata tra spiagge di quarzo, voli di fenicotteri e vecchie pietre nascoste (le zanzare erano incluse gratuitamente nel pacchetto).

Sono tanti i momenti di questa giornata che ricordo con piacere, tanti quanti le foto e i video che vengono pubblicati da lunedì senza soluzione di continuità, le testimonianze e le parole che sono state scritte; difficile riepilogare le sensazioni, le emozioni che ho provato io e quelle che ha provato Sandro, colui che ha organizzato con me questo evento. Voi tutti ci avete ringraziato per la bella giornata trascorsa e per i luoghi che vi abbiamo fatto scoprire, ma non avete idea di quello che ci avete dato voi con la vostra partecipazione, con la gioia di chi, partecipando per la prima volta a un’escursione ha scoperto un mondo nuovo fatto di ciclisti un po’ matti che girano in lungo e in largo la Sardegna per il piacere di una pedalata in (numerosa) compagnia, con l’allegria e con l’aiuto che ci avete spontaneamente offerto quando se n’è presentata la necessità.

Grazie alle zanzare che ci hanno alleggerito di un po’ di sangue per essere più leggeri in salita (…)

Grazie ai cacciatori che hanno sparato in aria per festeggiare il nostro passaggio

Grazie ai fenicotteri che sono volati via prima che potessimo fotografarli

Grazie alle donne che preferiscono le domeniche tranquille anziché andarsene in giro in mountain bike come i maschi

Grazie alle donne che preferiscono andarsene in giro in mountain bike come i maschi anzichè starsene tranquille

Grazie alla sabbia di Is Arutas che ci ha fatti camminare a piedi per duecento metri

Grazie ai contadini che hanno arato i sentieri per regalarci attimi di free ride

Grazie alla tomba dei giganti e all’ipogeo di San Salvatore, tanto belli quanto timidi tanto da non farsi quasi vedere da così tanta gente

Grazie ai carciofi che hanno partecipato all’evento lungo “sa cabada de Is Mureddus” per il secondo anno consecutivo

Grazie al vino, che durante il pranzo si è gentilmente messo da parte per lasciar posto alla birra

Grazie al falasco del chiosco che protegge e ripara il personale che ci ha servito a tavola

Grazie a Sandro Paperone che oltre a sopportare voi ha dovuto sopportare anche me

Grazie a tutti voi, perché l’escursione l’avete fatta voi tutti che avete partecipato, con la vostra voglia di stare assieme, la vostra allegria e la vostra passione … che poi è anche la mia.

Attrus Annus Mellus!!!

(Le foto sono di Enzo Vacca, Fabio & Giusi, Fabrizio Pau, Sandro Pinna)

Monte Arci in mountain bike · 2012

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

Siamo alle pendici del Monte Arci, in territorio di Villaurbana, in provincia di Oristano.

Il punto di partenza di questa uscita che ci porterà a percorrere un interessante percorso ad anello, è stabilito in località Bau Mendula: là, in vista delle torri del nuraghe che domina il colle, parcheggiamo le auto e scarichiamo le bici. Un ultimo controllo, allacciamo zainetti e caschi e tutti e quattro siamo pronti a partire.

Facciamo qualche Km di necessaria strada asfaltata, ne incontreremo altra lungo il cammino, pochissima per fortuna.

Subito dopo il ponticello sul Rio Tumboi troviamo la sterrata di Florissa che si inoltra nella valle scavata dal torrente; cominciamo a vedere i colori della primavera sui due versanti che delimitano la valle, prati verdi, macchia mediterranea, i primi alberi, una scrofa con il suo seguito di maialini fuggono spaventati davanti a noi per rifugiarsi all’interno del loro recinto.

Raggiungiamo l’incrocio di Cea Pedrixi, svoltiamo a destra, lungo la strada asfaltata per salire verso S’Utturu ‘e Cadru sotto lo sguardo vigile del Nuraghe Modo. Si impone una breve deviazioni di qualche centinaio di metri per fotografare S’Arutta Santa, spettacolare monumento alla memoria dell’antico vulcano che fu il Monte.

Dopo le foto e il rifornimento d’acqua riprendiamo la salita sterrata verso Bruncu Is Fogaias, senza arrivarci: infatti svoltiamo a sinistra attraverso Laccheddas e le sue salite, Roia ‘e Foras fino a Campu Tomasu; mantenendoci in quota tra i 300 e i 400 (circa) metri slm attraversiamo sterrate poco battute, qualche pietraia e molto bosco, tra rocce muschiose e tappeti di foglie secche, antichi “cuiles” abbandonati e infine giungiamo alla cascatella che origina Gora Tomasu: sono bastate poche ore di pioggia qualche giorno fa per ingrossare il torrente che la alimenta e rendere quel remoto angolo simile a un luogo fiabesco. Roba da non credere, meno male che ci sono le macchine fotografiche a fissare per sempre in pochi pixel questi momenti di spensieratezza.

L’orologio ci richiama alla realtà: dobbiamo affrontare la discesa per tornare alle nostre auto e alle nostre case, e non sarà una discesa come tutte le altre. Tenendo come punto di riferimento il rilievo roccioso di Nuraghe Turriu seguiamo il corso del torrente scendendo rapidamente di quota fino a raggiungere il punto di sosta di S’Arangi’aresti, meta domenicale di numerose scampagnate, quindi poco più in là a Mitza Crucui dove ci ristoriamo con qualche sorso di acqua fresca.

Si risale leggermente, incontriamo l’asfalto che sale dal paese di Villaurbana e lo percorriamo per qualche Km fino alla sterrata in discesa alla nostra sinistra, lungo la quale ritroviamo il Rio Tumboi. Questa sterrata è nota ai bikers della zona come “i sette guadi” e percorrendola è facile immaginarne il motivo: la sterrata e il torrente si intrecciano più volte protetti dal bosco di querce secolari, scariche di adrenalina e piedi bagnati, ma anche tanta gioia nell’affrontare questa nuova, piacevolissima situazione.

Il nostro giro sta per terminare, giungiamo nuovamente all’incrocio di Cea Pedrixi e scendiamo lungo la strada di Florissa, la stessa dell’andata. Percepisco l’emozione che proviamo nel ripercorrere questi ultimi Km, già siamo preda dei ricordi mentre ancora pedaliamo.

Ecco le nostre auto.

C’è il tempo per due ultime foto: una ai nostri piedi bagnati, l’altra a un leggero taglio sul polpaccio.

Ci salutiamo con sorrisi e appuntamenti “alla prossima” dopo tre ore e mezzo di uscita, c’è chi deve rientrare dai propri figli e dal proprio compagno di vita, c’è chi deve telefonargli perché lui è lontano, e c’è chi, dopo aver condiviso con me 23 anni di vita ora condivide anche questa meravigliosa malattia per la mountain bike.

Ah, forse non ve l’avevo ancora detto che i miei compagni d’avventura di oggi erano tre fantastiche donne…

I giorni della neve · Monte Arci 2012

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

A ripensarci sembra irreale aver vissuto una giornata del genere, eppure è successo. Era il 5 febbraio, avevamo organizzato un’escursione sul “solito” Monte Arci (a pochi chilometri da Oristano) per degli amici che venivano da Cagliari. Erano i giorni del grande freddo, i giorni in cui nevicava dappertutto, e il Monte dell’ossidiana non ha fatto eccezione.

Era freddo, ma il sole ci ha accompagnati per tutta la mattinata, contribuendo a rendere speciale quella nostra uscita, dipingendo paesaggi inconsueti e difficili da dimenticare.

Era freddo, ma non l’abbiamo sentito, consci del fatto di aver visto qualcosa di unico.

Oggi che sotto gli occhi mi sono capitate nuovamente quelle foto, provo un pizzico di nostalgia.

E penso alla prossima uscita.

Perché la mia anima inquieta non può vivere solo dei bei ricordi.

Le foto sono di Paolo Figus e Mario Mascia.

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Dal Sinis al Montiferru · 2011

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

Domeniche di fine autunno-quasi-inverno queste di metà dicembre. Domeniche uggiose che vogliono farsi vivere diversamente, lontane dal traffico e dai centri commerciali, respirando emozioni differenti, pedalando tra immensi campi di carciofi e ciò che resta dei nuraghi del Sinis fino ad arrivare in riva al mare; oppure percorrere antichi sentieri alle pendici del Montiferru, tra ulivi, querce e qualche castagno.

Ci sono sensazioni che è difficile spiegare, che non sempre le parole o le immagini sanno descrivere, ma che è fin troppo facile sentire sulla pelle quando leggi un resoconto o quando guardi delle immagini. Così ripensi a quando eri lì; senti l’adrenalina risalire piano cavalcando le onde dei ricordi, senti quasi il vento sulla pelle, le vibrazioni sulle braccia, e sorridi mentre ritornano alla mente le voci e i volti di chi c’è stato quella domenica che… o era la domenica precedente?

C’è sempre una domenica diversa da ricordare, ma la migliore è quella che devi ancora vivere.

Le foto sono di Orazio Murru, Ignazio Pala, Paolo Figus, Ivan Meli, Giuliano Bichi, Filippo Scanu, Massimo Piras.

Le immagini dal Sinis…

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E le immagini dal Montiferru…

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Una domenica sul lago · 2011

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

Domenica ti porterò sul lago” assieme a una banda di cento e più bikers che fin dalle prime ore del mattino si sono messi in viaggio dal Nuorese, dal Cagliaritano, dal Sassarese, dalla Baronia e dall’Oristanese. Siamo in tanti, rivedo con piacere tanti visi sorridenti e conosciuti con cui ho già condiviso chilometri di sterrati e momenti che ricordo sempre con piacere, a scoprire nuovi panorami di un’isola che è “quasi un continente” [cit.].

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Sapessi amore mio come mi piace, uscir quando Oristano dorme ancora” dico a mia moglie mentre ci mettiamo in auto. Appuntamento in Pratz’è Bois, dove per l’ennesima volta ci riuniamo prima di partire, incolonnati, verso la destinazione che oggi è Ghilarza, nella piazza dove sorge la chiesa di San Palmerio e la vecchia Torre Aragonese. Da lì partiremo per questa escursione in riva al lago.

A guardarci intorno siamo in tantissimi, e altri arrivano ancora. Alla fine si viene a sapere che eravamo più di cento a pedalare in giro, tra Ghilarza, Soddì e Zuri, e ancora di più a pranzo, con la presenza delle famiglie che hanno scelto di seguirci, e che hanno usufruito del trenino panoramico per una domenica da vivere all’aria aperta.

Sterrati, pietraie, pozzanghere e fango mentre attraversiamo le campagne fuori Ghilarza, diretti verso il lago Omodeo, discese tecniche da percorrere quasi in apnea, avvertendo scariche di adrenalina quando si affrontano le rocce e il single track. E quando la tecnica e l’esperienza non bastano più si scende a piedi, perché per passare una piacevole giornata in mountain bike non è indispensabile essere campioni, ma solo aver voglia di vivere giornate come questa, nella quale è possibile riconciliarsi con la Terra, e vedere i meravigliosi scorci del Guilcer così come l’autunno lo ha colorato.

Amore mio che fame spaventosa dev’essere quest’aria innaturale”, pura e tersa, tanto da vedere i paesi sul versante opposto del bacino; non c’è strada da seguire, solo le tracce delle ruote di chi ci ha preceduto. In fila indiana o affiancati percorriamo un piacevole tratto in free ride costeggiando le placide acque del lago. Qua e là si scorgono resti di antichi muretti a secco che, con l’arrivo delle piogge verranno sommersi. Ritroviamo il sentiero che ci porta verso l’asfalto, si sale verso Zuri; nel piazzale della splendida chiesa salvata dalla acque ci ricompattiamo, e mentre visitiamo la chiesa e facciamo fotografie arriva il trenino panoramico con gli accompagnatori. Uno spuntino mentre si ride e si scherza tutti assieme prima di affrontare gli ultimi chilometri d’asfalto; si torna a Ghilarza tutti assieme dietro il trenino, un’allegra e colorata ciclopedalata per fare amicizia, parlare e raccontarci ciò che è stato, anticipo del terzo tempo che avrà luogo da lì a poco, in ristorante. E ancora foto, e chiacchiere e risate, tutti assieme.

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Che domenica bestiale, la domenica con VOI”

 

Grazie ai FEURRA BOYZ che hanno confezionato uno splendido giro: hanno saputo tenere a bada così tanti scavezzacollo e assistito in maniera splendida gli/le esordienti e chiunque fosse in difficoltà.

Grazie alle Amministrazioni comunali di Ghilarza e di Soddì che hanno offerto un contributo importante per la riuscita di questo evento.

Grazie a tutti coloro che hanno immortalato i momenti più interessanti dell’escursione con foto e video.

Grazie per i colori e l’allegria, un gruppone così credo si sia visto raramente da quelle parti, grazie per aver mostrato il lato migliore della nostra passione e grazie agli amici di sempre, a tutti coloro che ho rivisto dopo tanto, troppo tempo: pedalare con voi ha sempre un qualcosa di speciale. Grazie a tutti coloro che ho avuto l’occasione di conoscere con l’augurio di rivederci presto sui pedali e anche dopo.

Grazie a Fabio Concato al quale ho rubato alcune frasi della sua canzone.

Attrus annus mellus!

 

Le foto sono di: Manuel Gherardi, Mario Mascia, Paolo Mura, Lucio Serra e Franco Tucconi.

2° ArcheoTourBike Monte Arci · 2011

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Alessandro Pilia

Prendendo spunto da un itinerario proposto nel bellissimo libro di Gianni Paba “Il Monte Arci”, decido di preparare e proporre per domenica 9 ottobre 2011 il 2° ArcheoTourBike del Monte Arci, itinerario ad anello tra il Monte Arci e l’alta Marmilla. I comuni interessati dal nostro giro sono nell’ordine: Masullas, Pompu, Morgongiori e Siris.
Grazie alla disponibilità di Tonino e della sua famiglia, scegliamo come base di partenza, la loro casa in campagna, tra Masullas e Pompu.
Ci troviamo puntuali alla “base” in 15 biker, numerosi come sempre, ma il benvenuto è d’obbligo per l’amico Mattia (Shardana) proveniente da Cagliari, per la prima volta con Noi!! Partiamo verso le 9,30 animati dal buon proposito di pedalare, per una domenica, all’insegna della cultura, andando a visitare alcuni importanti siti archeologici della zona, puntiamo subito verso la vicinissima Pompu, nel cui territorio, confinante con quello di Morgongiori, si trova il primo importante sito: il complesso Nuragico di “Santu Miali”; Superata la salita che conduce al pianoro, ci troviamo di fronte la megalitica costruzione, con i segni ancora evidenti dell’ultimo cantiere di scavi! Infatti sono ancora lì, una gru e moltissime transenne per la sicurezza del cantiere!! Con cautela, visitiamo il nuraghe portando a casa tantissime foto ricordo.

Ecco il gruppo presso il Nuraghe Santu Miali a Pompu.

Riprendiamo a pedalare, dirigendoci sempre in salita verso la località denominata “Prabanta” in territorio di Morgongiori, districandoci non senza problemi per le nostre gambe, fra le spine di cardo selvatico e cespugli di cisto rinsecchito dal caldo estivo, nascosti dalla vegetazione, nell’ordine vediamo le domus de janas ed il gigantesco menhir, conosciuti meglio come, “sa sala”, “su forru” e “su frucconi” de Luxia Arrabiosa. Ci lasciamo alle spalle la collina di “Prabanta” dirigendoci in discesa verso il fondo valle, per risalire sulla comoda stradina asfaltata fino al centro abitato di Morgongiori. Ricompattato il gruppo, procediamo sempre in salita verso la località di “Sa Scaba ‘e Cresia”. Arriviamo sul pianoro dove si affaccia un’imponente falesia , uno spettacolo unico, quasi inverosimile, Sa Scaba ‘e Cresia a Morgongiori.

Organizziamo in modo estemporaneo una visita “superficiale” a quello che, a ragione, è considerato un sito archeologico di primaria importanza, un complesso nuragico ipogeico di natura sacra. Dopo aver ammirato e fotografato il possibile imbocco originario del tempio ipogeico, attraverso un’ampia fenditura sulla falesia, vediamo l’antro che è conosciuto localmente come “sa grutta de is Caombus” .
Riprendiamo a pedalare, o meglio, a spingere le nostre bike per circa 150 mt. fino alla pineta di Is Benas; da qui una veloce visita allo sperone roccioso di Conca Mraxi per ammirare dall’alto tutta la Marmilla, Giara compresa.
Rifornite le borracce alla sorgente di Is Benas, ci apprestiamo a raggiungere l’ultima meta del giro, il nuraghe Inus in territorio di Siris. Attraversiamo un tratto di splendido bosco, la discesa è veloce e divertente, ci ripaga della fatica accumulata fin qui. Arriviamo al nuraghe Inus velocemente, le solite foto di rito prima di riprendere la via del ritorno. In meno che non si dica siamo a Siris, dove ci concediamo ancora qualche scatto in prossimità della chiesetta campestre di San Vincenzo.

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Ora è proprio finita, con il giro, …. ma, a casa di Tonino ci aspetta e ci riserviamo un terzo tempo, ormai conosciuto come “banca a pettorra”. Alcune ore di conviviale banchetto per la salute di tutti NOI partecipanti: Tonino, Ignazio, Mario, Mattia, Gianni, Giovanni, Sandro, Giuliano, Marco, Massimo, Luigi, Alberto, Orazio , Ovidio e Io (Alessandro).

Un ringraziamento particolare a Tonino e la sua famiglia per l’ospitalità.

Escursione a Perda Crapias · 2011

Direttamente dal racconto di un dei protagonisti, Paolo Marras

I più la conoscono con il nome che risulta dalla cartografia ufficiale, ossia “Punta La Marmora”, dedicata al famoso generale e cartografo sardo(*)  Alberto Ferrero della Marmora (parente stretto del La Marmora che fondò il corpo dei bersaglieri), che descrisse l’isola nelle sue opere “Voyage en Sardaigne” e  “Itinéraire de l’île de Sardaigne”. “Punta La Marmora, con i suoi 1.834 metri è la vetta più elevata della Sardegna. Si trova nel Massiccio del Gennargentu, a cavallo tra Ogliastra e Barbagia, nel territorio amministrativo dei comuni di Desulo ed Arzana che per secoli se ne sono contesi la proprietà.” (fonte Wikipedia).

In realtà il suo nome originario era un altro, cioè “Perda Crapias”, e secondo alcune fonti il significato sarebbe quello di “Roccia delle capre”, secondo altre sarebbe “Rocce crepate (piene di crepe)” forse per via delle forti escursioni termiche a cui le rocce stesse sono sottoposte. Non commento altre più recenti e fantasiose denominazioni che starebbero state attribuite a questo luogo unico.

Ciò che conta davvero è esserci stati, aver sfidato il maestrale che lassù soffia davvero forte, e gli 8° di una domenica di luglio un pò particolare, lontana dal mare, dalle spiagge, dalle logiche della vacanza a tutti i costi.

Prima di partire ecco l’incontro che non ti aspetti: Antonio Marino (per gli amici di MTB forum Antmar), capitato casualmente da quelle parti nel corso del suo giro per gli sterrati della Sardegna, che si avvicina incuriosito dal movimento per indagare chi fossero quei  bikers…

Partenza da Tascusì, e una lunga salita in asfalto sul quale, per un breve tratto, tre cavalli al galoppo ci precedono prima di deviare verso le vallate alla nostra sinistra, fino al rifugio dove, finalmente, comincia il tratto off-road, prima in double track e quindi in single, per un sentiero adatto per il trekking, ma, in buona parte, percorribile anche in mountain bike.

Il paesaggio attorno a noi è brullo, spoglio, roccioso, tipico della montagna; nelle poche zone riparate dal vento pochi alberi combattono una dura battaglia quotidiana per la sopravvivenza in condizioni ambientali decisamente difficili.

Raggiungiamo Arcu Artilai a 1660 metri e proseguiamo fino a raggiungere i ruderi del rifugio La Marmora e la sorgente di Is Bidileddos, dove fare rifornimento, mangiare qualcosa, fare fotografie e riposarci un pò prima di ripartire verso Arcu Gennargentu a 1659 metri.

Lì comincia l’ultima salita, quella che porta alla vetta; lungo il sentiero abbandoniamo la maggior parte delle nostre bikes per salire più agevolmente fino alla croce posta sulla sommità dell’isola, da dove, se ci fosse stata visibilità, lo sguardo si sarebbe spinto fino a chissà dove…


È tempo di rientrare, la discesa è lunga verso Arcu Guddetorgiu, inizialmente tecnica per la presenza di rocce e gradoni, estremamente gradevole, poi si fa veloce e si alterna con strappi che sgranano il gruppo. Poi la strada risale inesorabilmente verso il passo di Tascusì e si snoda lungo il fianco della montagna. L’uomo prova a ingentilire questo versante con un rimboschimento, quasi a voler dare compagnia a quelle poche querce secolari che sono cresciute e assistono indifferenti al nostro passaggio. Lungo il cammino incontriamo mucche e vitelli in quantità, un numeroso gregge di capre, maiali bianco neri (nessuna polemica calcistica, per carità) che pascolano a bordo strada fino a reincontrare l’asfalto.Si sale ancora, e a tratti le raffiche di vento contrastano l’ascesa, ma mancano pochi chilometri, non ci si ferma più fino all’arrivo, fino alle auto e alle gentili, coraggiose  accompagnatrici che, nell’attesa del nostro ritorno, hanno percorso una buona parte del sentiero trekking.Al rientro ci fermiamo a Santu Jaku di Tonara, (ne esiste uno anche a Sorgono a quanto pare), e lì, nell’area attrezzata, consumiamo un “frugale” pasto, con il consueto contorno di battute, racconti, impressioni e goliardia.

Vale la pena di ricordarli i protagonisti di questa ascesa, tutti di Oristano e provincia: Antonio Locci, Simone Contu, Alberto Sanna (BebetuSanna), Alessandro Pilia (SuperAle), Tore Serra, Giovanni Ricci (AirportFenosu), Roberto Pippia (WildBob), Paolo Marras (TheBluesBiker), Oreste Ricci, Stefano Ricci, Giuliano Bichi e suo figlio Marco, Maurizio Demontis, Cristian Pinna, Lello Cossu, Mario Mascia (Disgraziau), Pask Pirari (Pasquina), Giorgio Licheri (Giolic), Tonino Sorbello, Paolo Figus e Ignazio Pala (Teschio).Attrus annus mellus!

(*) come altro definire un suddito di Sua Maestà il Re di Sardegna?

Le foto sono di: Mario Mascia, Paolo Figus, Giuliano Bichi, Ignazio Pala.


Reportage di un’escursione sul lago Omodeo · 2011

Direttamente dal racconto di un dei protagonisti, Paolo Marras.

Sull’altipiano la primavera è ancora pungente, la sento sulla pelle appena sceso dall’auto. È un sabato pomeriggio di vento e di nuvole, a volte si affaccia il sole a regalare colori diversi da fotografare. Abbandonare l’asfalto, inoltrarsi nei sentieri, danzare sulle pietraie tenendosi in equilibrio, una discesa e una salita e infine ritrovarsi davanti alla chiesa in trachite rossa salvata dalle acque per una foto con due simpatiche “tzieddas” che trascorrono il pomeriggio nel sagrato.

E alla fine eccolo, il lago. Lo raggiungiamo, lo costeggiamo, e lungo il cammino scopro angoli particolari, rocce, ciottoli e sabbia si alternano creando nuove suggestioni, situazioni da affrontare, uguali e diverse, come quando scali l’Ortobene o attraversi il Sinis.

L’ultimo regalo è trovare un sentiero appena accennato in mezzo all’erba e alla ferula, seguirlo sapendo che ci riporterà a casa, ammirare una millenaria costruzione che sfida il maestrale prima di raggiungere un bar all’ombra della torre aragonese dove rifugiarsi, dove ridere, scherzare salutarsi e darsi appuntamento alla prossima avventura.

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