Monte Arci in mountain bike · 2012

domenica, 15 Aprile 2012 alle 7:00

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras

Siamo alle pendici del Monte Arci, in territorio di Villaurbana, in provincia di Oristano.

Il punto di partenza di questa uscita che ci porterà a percorrere un interessante percorso ad anello, è stabilito in località Bau Mendula: là, in vista delle torri del nuraghe che domina il colle, parcheggiamo le auto e scarichiamo le bici. Un ultimo controllo, allacciamo zainetti e caschi e tutti e quattro siamo pronti a partire.

Facciamo qualche Km di necessaria strada asfaltata, ne incontreremo altra lungo il cammino, pochissima per fortuna.

Subito dopo il ponticello sul Rio Tumboi troviamo la sterrata di Florissa che si inoltra nella valle scavata dal torrente; cominciamo a vedere i colori della primavera sui due versanti che delimitano la valle, prati verdi, macchia mediterranea, i primi alberi, una scrofa con il suo seguito di maialini fuggono spaventati davanti a noi per rifugiarsi all’interno del loro recinto.

Raggiungiamo l’incrocio di Cea Pedrixi, svoltiamo a destra, lungo la strada asfaltata per salire verso S’Utturu ‘e Cadru sotto lo sguardo vigile del Nuraghe Modo. Si impone una breve deviazioni di qualche centinaio di metri per fotografare S’Arutta Santa, spettacolare monumento alla memoria dell’antico vulcano che fu il Monte.

Dopo le foto e il rifornimento d’acqua riprendiamo la salita sterrata verso Bruncu Is Fogaias, senza arrivarci: infatti svoltiamo a sinistra attraverso Laccheddas e le sue salite, Roia ‘e Foras fino a Campu Tomasu; mantenendoci in quota tra i 300 e i 400 (circa) metri slm attraversiamo sterrate poco battute, qualche pietraia e molto bosco, tra rocce muschiose e tappeti di foglie secche, antichi “cuiles” abbandonati e infine giungiamo alla cascatella che origina Gora Tomasu: sono bastate poche ore di pioggia qualche giorno fa per ingrossare il torrente che la alimenta e rendere quel remoto angolo simile a un luogo fiabesco. Roba da non credere, meno male che ci sono le macchine fotografiche a fissare per sempre in pochi pixel questi momenti di spensieratezza.

L’orologio ci richiama alla realtà: dobbiamo affrontare la discesa per tornare alle nostre auto e alle nostre case, e non sarà una discesa come tutte le altre. Tenendo come punto di riferimento il rilievo roccioso di Nuraghe Turriu seguiamo il corso del torrente scendendo rapidamente di quota fino a raggiungere il punto di sosta di S’Arangi’aresti, meta domenicale di numerose scampagnate, quindi poco più in là a Mitza Crucui dove ci ristoriamo con qualche sorso di acqua fresca.

Si risale leggermente, incontriamo l’asfalto che sale dal paese di Villaurbana e lo percorriamo per qualche Km fino alla sterrata in discesa alla nostra sinistra, lungo la quale ritroviamo il Rio Tumboi. Questa sterrata è nota ai bikers della zona come “i sette guadi” e percorrendola è facile immaginarne il motivo: la sterrata e il torrente si intrecciano più volte protetti dal bosco di querce secolari, scariche di adrenalina e piedi bagnati, ma anche tanta gioia nell’affrontare questa nuova, piacevolissima situazione.

Il nostro giro sta per terminare, giungiamo nuovamente all’incrocio di Cea Pedrixi e scendiamo lungo la strada di Florissa, la stessa dell’andata. Percepisco l’emozione che proviamo nel ripercorrere questi ultimi Km, già siamo preda dei ricordi mentre ancora pedaliamo.

Ecco le nostre auto.

C’è il tempo per due ultime foto: una ai nostri piedi bagnati, l’altra a un leggero taglio sul polpaccio.

Ci salutiamo con sorrisi e appuntamenti “alla prossima” dopo tre ore e mezzo di uscita, c’è chi deve rientrare dai propri figli e dal proprio compagno di vita, c’è chi deve telefonargli perché lui è lontano, e c’è chi, dopo aver condiviso con me 23 anni di vita ora condivide anche questa meravigliosa malattia per la mountain bike.

Ah, forse non ve l’avevo ancora detto che i miei compagni d’avventura di oggi erano tre fantastiche donne…

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