Badde Salighes · Bolotana 2014

mercoledì, 2 Aprile 2014 alle 7:00

Direttamente dal racconto di uno dei protagonisti, Paolo Marras.

“La nebbia che respiro si dirada perché davanti a me” appare Villa Piercy in tutta la sua maestà: progettata e costruita da Benjamin Piercy, un ingegnere gallese incaricato di seguire i lavori della costruzione della ferrovia, insieme al parco nel quale si trovano specie tipicamente mediterranee e essenze esotiche. Oggi è questo il punto di partenza per l’escursione che ci condurrà alla scoperta di nuovi e meravigliosi scenari lungo i sentieri del Marghine e del Meilogu.

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“Ma che colore ha una giornata uggiosa” lo scopriamo attraversando il bosco di Ortachis. Una pedalata tira l’altra mentre accanto a noi “il fiume va; guardo più in là”, perché lo scorrere lento e incessante della corrente prelude a un’altra sorpresa: la cascata di Mularza Noa.

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“Quel gran genio del mio amico” SuperAle e SuMele, la nostra guida, decidono di improvvisare e ci conducono attraverso “boschi abbandonati e perciò sopravvissuti vergini” fino ai piedi del colle su cui sorge il nuraghe Tittirriola. “Pietre, un giorno case, ricoperte” dalla vegetazione spontanea conservano ancora i segni della maestria dei padri costruttori, le nicchie perfettamente orientate e la magnifica tholos hanno attraversato i secoli e sono ancora qui a porci delle domande a cui ancora non sappiamo rispondere con precisione.

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“E respirando brezze che dilagano su terre senza limiti e confini” ci lanciamo in discesa verso la piana di Santa Lucia, ma prima è doverosa una sosta nel sito di Sa Pala Larga dove si trovano, colpevolmente dimenticate, le domus de janas affrescate e adornate da spirali, coperte malamente da cemento e teloni che non proteggono più le grotte dalle intemperie e di questo ne abbiamo dato testimonianza tramite gli amici di Nurnet. Va decisamente meglio nel sito successivo, a S. Andrea Priu: qui le grotticelle sono riparate e valorizzate. Il sito è chiuso, ma accessibile ad esclusione della cosiddetta Tomba del Capo, giustamente preservata per le sue peculiarità. Sulla sommità della parete rocciosa svetta ancora il Toro, animale simbolo della fertilità maschile.

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Dopo “le discese ardite e le risalite” giungiamo alla frazione di Rebeccu e la visitiamo pedalando “con un ritmo fluente di vita nel cuore” lungo le stradine lastricate. Da qui comincia il lungo viaggio di ritorno, ma prima di lasciare questi luoghi facciamo una sosta presso la fonte sacra di Lumarzu, un piccolo gioiello incastonato tra gli alberi e la terra e dal quale, sgorga da millenni, “acqua azzurra, acqua chiara”.

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Il tempo è tiranno e la salita è dura, comincio ad avvertire la stanchezza di una giornata spesa ad inseguire la “sensazione di leggera follia” che “sta colorando l’anima mia” e di tutti noi tra grandine, vento, vecchie pietre e un meraviglioso arcobaleno con il quale “il sole va a dormire”, ma con il pensiero “torno già a volare” sulle “distese azzurre e le verdi terre”.

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Con “Super” Alessandro, Antonio “Su Mele”, “Nonno” Tore, Gianni “Blogbar”, Giovanni “Trattore”, Gian Mario “Lupo di mare” e Roberto “il Selvaggio”, Alessandro “Freewheel”, cussu “Disgraziau” di Mario, Ignazio “Teschio” e Livio “Capelli d’argento”.

Badde Salighes, 23 marzo 2014

 

Appendice.

Talvolta l’ispirazione arriva nella maniera più impensata. Lunedì, mentre guidavo, mi sono ricordato del primo verso di una canzone di Lucio Battisti. Per uno strano parallelismo l’ho immediatamente associato a Villa Piercy. Sul filo della memoria ho proseguito con versi di altre canzoni di Battisti ed è venuto fuori questo resoconto che dedico ai miei compagni d’avventura.

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